I progetti di ristrutturazione IT al tempo dell'Industria 4.0

I progetti di ristrutturazione IT al tempo dell’Industria 4.0

da | Gen 10, 2017 | 2 commenti

Siamo entrati ormai nel vivo della quarta rivoluzione industriale, meglio nota come Industria 4.0 ed i presupposti sono estremamente interessanti; saranno definiti nuovi paradigmi di produzione, nuove modalità di erogazione dei servizi ed il cliente sarà sempre più integrato nella catena del valore dell’azienda.

Per il tessuto industriale italiano, ed in particolare per il propulsore economico del Paese rappresentato dalle PMI, si tratta di una grande opportunità per innovare e recuperare terreno in termini di competitività sui mercati internazionali.

Ma per le aziende italiane non sarà semplice attuare la “digital transformation”.

Una trasformazione radicale

Industria 4.0 non è solo l’hype del momento, è soprattutto un:

“percorso di trasformazione radicale che impatta su processi e modelli di business, su assetti organizzativi e risorse umane. Interessa indistintamente il mondo manifatturiero e le imprese di servizi.”

La chiave è “ristrutturare”

Ho deciso di scrivere questo post rivolgendomi in modo particolare agli imprenditori che avvertono la necessità di ammodernare il modo in cui fanno business grazie all’uso della tecnologia.

Ti parlerò di Industria 4.0 e ti parlerò anche (e soprattutto) di come questa “rivoluzione digitale” possa essere implementata dalle PMI adottando un approccio integrato, particolarmente efficace, che va sotto il nome di ristrutturazione IT;

Ma prima di trasferirti l’importanza di “ristrutturare” l’impresa secondo una precisa strategia di innovazione, vorrei (dati alla mano) illustrarti la situazione in cui versano le Piccole e Medie Imprese italiane in termini di digitalizzazione.

Qual è lo stato di digitalizzazione delle Piccole e Medie Imprese italiane?

Purtroppo la risposta a questa domanda è prevedibile, forse addirittura scontata.

I dati ci dicono che la maggior parte delle PMI italiane incontra difficoltà a sostenere il ritmo dei cambiamenti digitali.

Esattamente un anno fa (gennaio 2016), nel rapporto “Cittadini, Imprese e ICT” l’Istat ha presentato uno scenario preoccupante:

“il 90% delle PMI italiane è caratterizzato da un livello basso o molto basso di digitalizzazione.”

In soldoni, tra le PMI (con un numero di addetti tra i 10 e i 250 dipendenti) risulta che 9 imprese su 10 hanno un livello basso o molto basso di digitalizzazione. Nello specifico il 70,7% ha un sito web (7 su 10), un aumento piuttosto basso rispetto al 69% registrato nel 2014.

Anche l’uso dei social network a scopo di business resta una pratica poco diffusa.

Un’impresa su 4 ha, all’interno del proprio sito, un link che rimanda al profilo social, un’azienda su 10 usa almeno un social network (il 37,3% contro il 32% del 2014), e solo il 14,4% ne utilizza due o più.

In attesa del report Istat 2017 (che, francamente, non credo ci presenterà uno scenario molto distante da quello appena analizzato), ti segnalo anche un interessante articolo, pubblicato sul corriere comunicazioni (articolo) riguardo alle responsabilità delle imprese nel sostenere il ritmo dei cambiamenti digitali. Nell’articolo si fa riferimento ad una indagine di Vanson Bourne (VansonBourne) secondo la quale:

“il 41% dei business leader italiani interpellati teme l’obsolescenza della propria azienda nei prossimi 3-5 anni”

Le cause di tali preoccupazioni sono prevalentemente legate alla velocità dell’evoluzione tecnologica che trasforma i modelli di business e all’incapacità di fronteggiare la concorrenza dirompente delle start-up native digitali.

Chiudo questa parentesi segnalando che a fine aprile 2016 anche l’agenzia di rating Moody’s si è espressa nei confronti del sistema italiano delle PMI, sentenziando:

“deboli e con scarsi risultati.”

Probabilmente un giudizio eccessivamente severo. Sono pochi i paesi che possono vantare un tessuto imprenditoriale fitto di eccellenze come il nostro. Ma probabilmente il giudizio dell’agenzia è stato condizionato da un fattore di fondamentale importanza: la tecnologia.

UCIMU, l’associazione di Confindustria che riunisce le aziende che producono macchine per le industrie (ucimu.it), dichiara che:

“mai gli impianti italiani sono stati così vecchi. In una fabbrica su tre hanno più di 20 anni. E solo in una su 10 ne hanno meno di 5. Non solo. Quasi l’80% delle aziende risulta essere SEMPLICE, cioè senza alcuna integrazione degli impianti produttivi in un sistema informatico.”

In sintesi, la gran parte delle Piccole e Medie Imprese italiane è ancora poco avvezza all’uso delle moderne tecnologie informatiche. Ed immagino che farai poca fatica a dedurre che questo diffuso “analfabetismo digitale” influisce in modo pesante sulla competitività.

A ragione potresti pensare:

“Ok, ma tutto sommato il progresso tecnologico, anche se a rilento, procede ormai da anni. Perché solo oggi si parla di quarta rivoluzione industriale?” 

“Dov’è la novità?”

“Quali sono le modalità di produzione di beni e servizi e le tecnologie che caratterizzano l’Industria 4.0?”

Tutte domande lecite. Ti rispondo subito.

Cosa si intende precisamente per Industria 4.0?

L’espressione Industria 4.0 è stata usata per la prima volta nel 2011 alla Fiera di Hannover in Germania, come parte del più ampio High Tech Strategy 2020 Action Plan.

Quando parliamo di Industria 4.0 generalmente ci si riferisce ad una serie di cambiamenti radicali delle modalità di produzione di beni e servizi.

Quindi non semplici miglioramenti, ma cambiamenti radicali.

Tali cambiamenti, oltre ad introdurre una forte interazione tra i sistemi informatici ed i sistemi fisici, influenzano anche le relazioni (e le modalità di comunicazione) tra fornitore e cliente, datore di lavoro e lavoratore, responsabile di progetto e team.

Le tecnologie abilitanti

La diffusione del concetto di Industria 4.0 è stata tale e talmente diversificata nei diversi Paesi che non esiste una definizione univoca del fenomeno. Il termine Industria 4.0 è spesso associato all’applicazione di un insieme di tecnologie abilitanti, veri e propri cardini intorno ai quali ruota questa “rivoluzione” digitale.

Un interessante rapporto di ASSOLOMBARDA Confindustria Milano Monza e Brianza individua cinque aree tecnologiche, ritenute strategiche per l’implementazione di Industria 4.0 nel nostro Paese:

  • Robotica collaborativa
  • Fabbrica Digitale
  • Controllo e supervisione avanzati del processo produttivo
  • Internet of Things e Big Data
  • Cyber Security

Riporto di seguito un breve estratto dell’analisi relativa alle cinque aree strategiche. Se hai necessità di approfondire, trovi il rapporto integrale qui: Rapporto_Industria_4.0.

Robotica collaborativa

Nel paradigma di Industria 4.0, i robot che collaborano con operatori umani per l’esecuzione dei processi produttivi già possono essere e saranno una risorsa fondamentale delle fabbriche. Oltre all’interazione fisica, che per definizione annulla le distanze e le separazioni tra operatori e robot, le tecnologie per la condivisione dello spazio di lavoro saranno rivolte a trasformare la fabbrica tradizionale in un ambiente più fluido e dinamico, aperto e interattivo.

Fabbrica digitale

Il concetto di Fabbrica Digitale (o Fabbrica Virtuale o Manifattura Digitale) consiste nella mappatura dei processi tecnici e di business nel mondo digitale per fornire un supporto avanzato alle decisioni relative alla progettazione di prodotto, processo e sistema, programmazione e controllo della produzione nel mondo reale, sfruttando tecnologie ICT quali ad esempio la realtà virtuale o aumentata, la simulazione, l’ottimizzazione, ecc.

Controllo e supervisione avanzati del processo produttivo

La visione di lungo termine promossa da Industria 4.0 prevede sistemi di automazione “auto-organizzati”, composti da prodotti e risorse produttive intelligenti ed autonomi che interagiscono all’interno di architetture decentralizzate. Lo scenario odierno di automazione, basato tradizionalmente su logiche di controllo precostituite implementate dal programmatore all’interno delle singole unità di esecuzione (e.g. PLC, controllori a logica programmabile), lascerà quindi il passo a quello in cui sistemi autonomi sono in grado di identificare dinamicamente la strategia ottimale di controllo del sistema produttivo, massimizzandone le performance in ciascuna condizione operativa.

Internet of Things (IoT) e Big Data

Da un punto di vista tecnologico è l’estensione dell’Internet tradizionale, pensato per consentire agli oggetti fisici di comunicare direttamente tra loro e alle persone di interagire con gli oggetti fisici sia vicini che remoti. Con la grande diffusione dei dispositivi IoT si assiste di pari passo al cosiddetto data deluge, cioè la disponibilità di una quantità enorme di dati “grezzi” generati dai dispositivi nell’ambiente fisico.

Se da un lato la presenza di una tale mole di dati fornisce opportunità eccezionali, dall’altro diventa più che mai necessario accoppiare a tecnologie IoT tecnologie specifiche per la gestione, integrazione dei dati, ed estrazione di conoscenza dai dati grezzi generati dai dispositivi IoT, chiamate comunemente BigData Analytics (che, a loro volta, tipicamente richiedono infrastrutture di calcolo ad alta capacità per poter immagazzinare ed analizzare tali quantità di dati, attualmente fornite tramite piattaforme di cloud storage and computing).

Cyber security

Recentemente il mercato globale del cyber crime è stato valutato in circa 1 trilione di dollari. Senza una adeguata protezione alle infrastrutture informatiche che sono alla base della Industria 4.0, vi saranno inevitabilmente una serie di criticità che rallenteranno l’avvento del nuovo paradigma. La protezione dei sistemi informatici, e quindi la cyber security sono elementi necessari nello sviluppo della tecnologia.

Il Piano nazionale

Sulla scorta di analoghe iniziative intraprese a livello Europeo a favore della competitività del tessuto industriale, anche il Governo italiano ha presentato un piano di interventi che prevede un aumento di 10 miliardi degli investimenti privati in innovazione nel 2017 (da 80 miliardi a 90 miliardi), 11,3 miliardi di spesa privata in più nel triennio 2017 – 2020 per la ricerca e lo sviluppo, un incremento di 2,6 miliardi dei finanziamenti privati, soprattutto nell’early stage, il periodo iniziale d’investimento.

Un impegno pubblico di 13 miliardi di euro, distribuito in sette anni tra il 2018 e il 2024 per la copertura degli investimenti privati sostenuti nel 2017, attraverso il contributo di superammortamento, iperammortamento, beni strumentali (Nuova Sabatini), e investimenti supportati dal credito di imposta per la ricerca.

La ristrutturazione IT come strategia per aumentare le competitività delle PMI

Bene.

Fatta questa lunga e doverosa premessa, è lecito chiedersi quale sia la migliore strategia di innovazione che una PMI può (e deve) implementare per rivedere il proprio modello di business in ottica digitale e recuperare competitività sui mercati internazionali.

Gli analisti di business concordano sul fatto che il 2017 sarà un anno fondamentale per la trasformazione digitale, l’anno del “non ritorno”.

E tu cosa hai intenzione di fare?

Se sei arrivato a leggere fino a questo punto avrai capito che è in atto un cambiamento forte e che, oggi più che mai, bisogna rivedere il modo in cui lavoriamo i nostri prodotti e servizi nell’ottica della massimizzazione del valore per il cliente finale.

Nessun imprenditore desidera che la sua azienda “crolli” a causa dell’obsolescenza tecnologica. Bisogna agire.

Ma ti prego fai attenzione.

Il pericolo della “pezza”

Usare (o applicare) una “pezza” è un modo di dire molto diffuso nel sud Italia che sta ad indicare l’adozione di uno stratagemma, un espediente talvolta apprezzabile e creativo, usato per tamponare una situazione di emergenza.

E’ chiaro che la strategia di innovazione della tua azienda non può essere fatta di espedienti.

Acquistare un nuovo software, commissionare il restyling del sito internet, aprire una pagina social sono solo esempi di azioni che potrebbero essere inefficaci, o addirittura dannose, se fatte senza che siano stati preventivamente individuati gli obiettivi strategici.

Ti potrei fare decine di esempi di imprenditori che hanno pensato di digitalizzare la propria azienda “mettendoci una pezza” e affidandosi al primo (ri)venditore di ferro e bit.

Per carità, nulla contro coloro che rivendono hardware e licenze software. E solo che non è quello il tipo di interlocutore che a te serve. Sarebbe come puntellare qua e là una struttura fatiscente sperando che regga.

Piuttosto, per cogliere la grande opportunità di trasformare la tua impresa in un’impresa digitale è necessario pensarla come ad una casa che ha bisogno di essere completamente ristrutturata.

La ristrutturazione IT

Cosa intendo per ristrutturazione IT?

Premetto che l’argomento è articolato e non può essere trattato in modo esaustivo in un unico post. Ma continua a leggere perché ti introdurrò un approccio che avremo modo di approfondire in seguito.

Ti ho già detto che non puoi pensare di digitalizzare la tua azienda semplicemente acquistando dal primo rivenditore del software o dell’hardware. La questione è più complessa di così.

La ristrutturazione IT si basa su una premessa sostanziale:

“più che ristrutturare l’impresa bisogna ristrutturare il modo in cui si fa impresa (in ottica digitale)

La ristrutturazione IT è un’opera di revisione integrale dei processi, delle competenze e degli asset tecnologici della tua azienda fatta senza mai perdere di vista gli elementi che caratterizzano il tuo business.

La ristrutturazione IT non è un progetto semplice, è un’azione combinata che coinvolge indistintamente persone, processi e strumenti tecnologici (hardware e software), ossia i “tre pilastri” fondamentali dell’azienda digitale.

Dopo una ristrutturazione IT la tua impresa non sarà più la stessa perché si tratta di un intervento che si sviluppa lungo tutta la catena del valore senza mai perdere di vista il collegamento con il business e gli obiettivi strategici.

Come impostare correttamente un intervento di ristrutturazione IT?

L’esperienza maturata negli anni nella conduzione di progetti di innovazione mi ha insegnato che per impostare correttamente un progetto di ristrutturazione IT è fondamentale innanzitutto trovare risposta alle seguenti domande::

Qual è lo stato dei tre pilastri fondamentali?

L’intervento di ristrutturazione deve iniziare con una valutazione (assessment) dell’azienda a 360 gradi per comprendere dettagliatamente lo stato dell’arte.

E’ fondamentale in questa fase analizzare i processi, effettuare un’accurata mappa delle competenze (delle tue persone) e censire gli strumenti tecnologici al fine di evidenziare TUTTE le criticità che potrebbero ostacolare il processo di digitalizzazione.

Qual è la strategia di innovazione?

Lo sviluppo della strategia di innovazione dovrà essere fatto soprattutto considerando le caratteristiche che regolano la competizione nel tuo settore. Dovrai chiederti come operano i tuoi concorrenti e come la tecnologia può supportarti per migliorare in termini competitivi.

Quanto costa “non ristrutturare”?

Un’altra considerazione di grande interesse è relativa ai costi della non ristrutturazione. In buona sostanza si tratta di analizzare quantitativamente l’inefficienza del tuo processo produttivo a causa dell’obsolescenza in cui versano i tre pilastri fondamentali. Come elemento di benchmark puoi considerare le performance di un concorrente nativo digitale.

Qual è il “piano di ristrutturazione”?

A questo stadio sono ormai noti tutti gli elementi preliminari alla fase operativa. Si passa quindi allo sviluppo del piano (o dei piani) di ristrutturazione che avrà impatti sui tre pilastri fondamentali.

Si entra di fatto nel campo del project management ed è qui che entra in gioco in modo dirompente il project manager, colei o colui che tradurrà la strategia in fatti concreti.

Il piano di ristrutturazione IT non differisce, per struttura ed organizzazione, da un qualsiasi altro piano di progetto. A seconda delle necessità, sarà sviluppato utilizzando uno degli standard di mercato (PMI, PRINCE2, metodologia Agile, ecc.).

E’ importante che nel piano vengano individuati i criteri oggettivi necessari alla misurazione del “valore complessivo” che la ristrutturazione IT porterà all’impresa.

Chiaramente i benefici dovranno essere superiori sia ai costi della non ristrutturazione che ai costi opportunità (costi derivanti dal mancato sfruttamento di opportunità che non possono essere colte dall’impresa non ristrutturata).

Approvato il piano si passa alla fase di esecuzione, grazie ala quale tutte le azioni necessarie per innescare il cambiamento e spingere l’azienda verso la digitalizzazione saranno implementate.

Siamo ai saluti …

Pensare alla digitalizzazione di una Piccola e Media Impresa in termini di “ristrutturazione IT” offre la possibilità di rivedere radicalmente il proprio modello di business e le modalità in cui si veicola l’offerta di valore ai propri clienti.

La necessità, così come prescrive Industria 4.0, è intraprendere un percorso di trasformazione radicale che impatta su processi e modelli di business, su assetti organizzativi e risorse umane.

Per trarre il massimo beneficio è fondamentale adottare un approccio “integrato” e la ristrutturazione IT rispetta appieno questo requisito.

Ricorda comunque che, a meno che tu non abbia le competenze necessarie, dovrai scegliere un interlocutore capace di leggere le dinamiche del tuo business e di trovare le migliori soluzioni per la tua azienda, in linea con la strategia sviluppata.

I progetti di ristrutturazione IT nell’era della quarta rivoluzione industriale richiederanno competenze orientate al lavoro di squadra, all’innovazione e l’adozione di un nuovo modello di leadership. Ti assicuro che saranno tempi duri per coloro che non saranno in grado di adeguarsi rapidamente.

Nel prossimo post affronterò proprio questo argomento, ossia come cambia il ruolo del project manager nella quarta rivoluzione industriale.

A presto allora…

About Francesco Liguori
Francesco Liguori, professionista con esperienza pluriennale nella gestione di progetti complessi ed in possesso di diverse credenziali nell'ambito del project management, del service design e sicurezza delle informazioni (PMP®, PRINCE2®, SCRUM®, ITIL®, ISO/IEC 27001), ha fondato nel 2015 PM facile. In qualità di ATP Instructor del PMI, ha curato la progettazione dei corsi di preparazione agli esami di certificazione PMP®, CAPM® e PMI-ACP®. È inoltre CEO di BE Innovazione (www.beinnovazione.com), innovation company che migliora il posizionamento competitivo delle aziende clienti con progetti di trasformazione digitale.

2 Commenti

  1. Articolo interessante e ricco di spunti. Complimenti!

    Rispondi
    • Grazie Tiziana!

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