La formazione di un team o team building può giocare un ruolo importante nella gestione del progetto. L’obiettivo è quello di formare un team coeso, che abbia interesse nel progetto e nel miglioramento delle sue performance. Il compito del project manager è quello di favorire fin da subito lo sviluppo di un’identità comune e definire norme e prassi che favoriscano l’interazione per conseguire efficacemente gli obiettivi del progetto.
La composizione del team di progetto è spesso eterogenea in termini di competenze, esperienze e cultura. Accade altrettanto spesso che il team non abbia mai lavorato insieme e per questo è fondamentale mettere in atto una serie di accorgimenti al fine di rendere un semplice “gruppo di persone” un vero “team”.
Per fare ciò, esistono diverse strategie di team building, utili per costruire un clima di coesione all’interno di un team di lavoro task-oriented.
Tra i primi studiosi che si interessarono del concetto di “gruppo” spiccano le figure degli psicologi sociali Lewin e Tuckman. Gli studi condotti da Kurt Lewin fecero da apripista nello studio dei fenomeni dei gruppi sociali. Lewin era fermamente convinto che il valore del gruppo fosse maggiore della somma delle singole parti e per primo ne definì le caratteristiche fondamentali come l’interdipendenza, il senso di appartenenza, i valori, gli scopi comuni e l’influenza reciproca.
Secondo lo psicologo Bruce Wayne Tuckman, lo sviluppo di un gruppo passa attraverso cinque fasi.
- Forming: i membri del team si incontrano per la prima volta e non hanno ancora instaurato alcuna relazione. Potremmo dire che in questa fase abbiamo un gruppo di persone che sanno di dover lavorare insieme ma non costituiscono ancora un team.
- Storming: questa è la fase in cui è molto probabile che nascano dei conflitti dovuti a differenti punti di vista. In questa fase è fondamentale l’intervento del project manager, che dovrà agire per evitare l’instaurarsi di un clima distruttivo.
- Norming: i membri del team iniziano ad instaurare buone relazioni ed imparano ad avere fiducia l’uno nell’altro.
- Performing: il team diventa efficiente. A questo punto il project manager può prestare maggiore attenzione alla crescita individuale dei singoli membri.
- Adjourning: il progetto è giunto al termine ed il team è sciolto. I membri del team saranno allocati su nuovi progetti.
Un nuovo team può attraversare ciascuna di queste fasi, mentre nel caso di un team composto da persone che in passato abbiano già lavorato insieme, è probabile che gli ostacoli iniziali siano superati con maggiore facilità o che non si verifichino affatto.
La capacità di un valido project manager sta nel saper individuare la fase che il team sta attraversando e calibrare di conseguenza il proprio intervento, mettendo in atto specifiche strategie. Per approfondimenti, leggi l’articolo: “Le fasi di sviluppo del team di progetto”.
Il modello Dreyfus e lo Shu Ha Ri
Aiutare un team a diventare tale implica in prima battuta l’analisi delle competenze di ogni singola persona che lo compone. Le fasi del processo di apprendimento sono descritte nel modello Dreyfus.
Secondo questo modello, sviluppato dai fratelli Stuart e Hubert Dreyfus, l’apprendimento si articola in cinque stadi:
- novizio o novice: in questa fase la persona si concentra sull’acquisizione delle conoscenze di base;
- apprendista o advanced beginner: in questa fase inizia a dare pari dignità ad ogni aspetto del lavoro, ma è forte il timore di commettere errori;
- competente o competent: in questa fase la persona ha già acquisito notevole esperienza ed è in grado di individuare le azioni da svolgere per raggiungere un determinato obiettivo;
- qualificato o proficient: in questa fase la persona ha raggiunto un certo livello di competenze ed è in grado di replicarle con successo nelle varie occasioni;
- esperto o expert: il team member ha una visione approfondita e complessiva delle varie problematiche ed è in grado di lavorare in maniera innovativa.
Il modello Dreyfus può essere molto utile nell’individuare le persone più adatte a svolgere determinati compiti a seconda del loro livello di competenza.
Come abbiamo già detto, costruire un team e lavorare affinché possa performare, implica un’analisi delle competenze presenti all’interno del gruppo, ma non solo in termini di competenze tecniche, anche in termini di padronanza della metodologia scelta per la gestione del progetto. Abbiamo parlato delle 10 metodologie di project management più diffuse, qui.
In questo caso, ci viene in aiuto lo Shu Ha Ri, un concetto delle arti marziali giapponesi che si riferisce alle fasi di apprendimento che conducono alla padronanza di una tecnica o di una materia. L’informatico Alistair Cockburn ha impiegato il concetto di Shu Ha Ri per spiegare come si sviluppano le competenze nell’ambito di progetti di sviluppo software.
Il modello prevede 3 distinte fasi:
- a livello Shu, il team member viene guidato dal project manager. La metodologia è spiegata più volte durante la sua applicazione e si sperimentano le best practice;
- il livello Ha viene raggiunto quando il team member è familiare con quanto gli è stato insegnato e implementa con successo le best practice, facendo propri i concetti della metodologia;
- la fase Ri si realizza quando il team member è padrone della metodologia e delle best practice, le utilizza al meglio secondo il contesto e migliora i processi che vengono applicati nel gruppo di lavoro.
Il modello Shu Ha Ri trova spesso applicazione nei progetti gestiti secondo i principi agile e nei progetti ibridi.
Come motivare il team di progetto: il team building
Motivare il team di progetto è spesso un compito arduo per il project manager, servono buone doti di comprensione della natura umana per saperla coniugare con gli obiettivi da raggiungere. In buona sostanza, il project manager deve essere capace di individuare i fattori motivazionali. Come fare?
Maslow ha studiato il fenomeno della motivazione ed ha individuato 5 livelli di bisogni che gli individui tendono a soddisfare.
- Bisogni di base o fisiologici: mangiare, bere, dormire, sopravvivere
- Bisogni di sicurezza: avere un lavoro, vestirsi, proteggersi dalle possibili minacce
- Bisogni di appartenenza: avere una famiglia, appartenere ad un gruppo, ricevere e manifestare cura ed affetto
- Bisogni di stima: essere orgogliosi di sé stessi, sentire la stima delle persone e dei gruppi di appartenenza
- Bisogni di auto-realizzazione: realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità, occupare un ruolo sociale. Si tratta dell’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le facoltà mentali e fisiche.
Se le persone sono prima di tutto preoccupate dalla soddisfazione dei bisogni primari, sarà compito del project manager preoccuparsi di essi, provvedendo a garantire condizioni di lavoro salubri e sicurezza per il futuro. Progredendo nella gerarchia, ci si dovrà preoccupare di soddisfare i bisogni di livello superiore. Tra questi, la possibilità di sperimentare, nell’ambito del gruppo di lavoro, rapporti affettivi e interpersonali gratificanti e sviluppare quel senso di appartenenza che spinge le persone ad impegnarsi per raggiungere uno scopo comune. Si passa poi al livello più alto dei bisogni di stima, in cui si ricerca il riconoscimento personale tra i colleghi e professionale nell’ambiente lavorativo di riferimento, fino a quelli che riguardano la sfera dell’auto-realizzazione.
Un buon modo per favorire la produttività del team è svolgere attività di team building. Alle origini del team building vi è una ricerca condotta dallo psicologo Elton Mayo negli anni ’20 nella quale mostrava come la produttività dei lavoratori di un’azienda di telefonia migliorasse in relazione alla considerazione e all’attenzione riservata dai responsabili ai membri del team.
Da allora, il team building è diventato uno dei metodi più utilizzati dalle aziende per migliorare la soddisfazione dei dipendenti e aumentare di conseguenza i risultati aziendali.
Malumori, battibecchi e problemi relazionali inevitabilmente si riflettono sulla produttività del team. Condividere l’ambiente di lavoro o la stessa scrivania non basta per creare sintonia e spirito di collaborazione, obiettivo che diventa ancor più impegnativo quando i membri del team sono fisicamente distanti, come nel caso dello smart working. Il passaggio dal lavoro “in presenza” al “lavoro da remoto”, infatti, ha finito per aumentare la distanza tra le persone.
Cosa fare allora per stimolare la cooperazione e la motivazione del team di progetto?
- Condividere gli obiettivi
- Chiarire i ruoli e le responsabilità di ciascun componente del team
- Supportare un clima di fiducia reciproca
- Stimolare il confronto
- Creare occasioni per conoscersi meglio e permettere alle persone del team di trovare affinità nell’altro
Per raggiungere questi obiettivi, serve leadership.
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